Il Lamento di Danae di Simonide di Ceo, è un esteso frammento tra i
più toccanti e suggestivi della lirica greca. La protagonista del brano è
Danae, la figlia del re di Argo,
Acrisio, il quale ha appreso da un oracolo che sarebbe morto per mano di un
nipote. Egli fa allora rinchiudere in
una torre di bronzo la bellissima Danae, ormai in età da marito. Ma l’incontenibile
Zeus, che ricorre alle più incredibili metamorfosi per soddisfare il suo
desiderio, la raggiunge sotto forma di pioggia d’oro (episodio che ha ispirato
il celebre dipinto di Klimt, Danae).
Divenuta madre del piccolo
Perseo, Danae riesce a nascondere per qualche tempo la presenza del bambino, ma
una volta scoperta la verità, per ordine di Acrisio, viene rinchiusa col figlio
in una cassa inchiodata e gettata in mare.
L’intenzione del re è
chiarissima: la morte della figlia e del nipote, la salvezza per lui.
Tutto questo costituisce
l’antefatto; il nostro testo comincia in
medias res: Danae e suo figlio sono già in acqua, chiusi nella cassa, al
buio, abbandonati all’oscurità della notte, nell’infuriare dei venti e del mare
in tempesta.
Disperata, la madre
stringe a sé il figlio in un gesto istintivo di protezione; gli parla, piena di
tenerezza e di angoscia: prova stupore, forse un po’ di invidia, per il bambino
che dorme placidamente, ignaro dei mali in cui è immerso, col piccolo viso che splende
contro il buio della notte.
Dal lamento alla preghiera
e alla speranza il passo è breve: possa la serenità del sonno del bambino
estendersi al mare, alle avversità che la stringono, e che da Zeus possa
arrivare quel rovesciamento di sorte
portatore di salvezza. E se è chiedere troppo, che il dio le conceda il perdono.
Frammento 13 Diehl, mia la
traduzione
Quando
la <trascinavano>
nella
cassa costruita ad arte,
il
vento che soffiava e la furia del mare,
(Danae)
si abbatté per lo sgomento,
e
con le guance bagnate di pianto
intorno
a Perseo passò il suo braccio
e
disse: “ O figlio, che pena è la mia!
Ma
tu dormi, piccolo cuore ignaro, e riposi
su
(questo) triste legno: risplendi
nella
notte inchiodata col bronzo
e
nella tenebra cupa disteso.
L’acqua
del flutto, che alta
passa
sulla tua chioma, non curi,
né
il rombo del vento, col bel viso
adagiato
in un rosso mantello.
Ma
se per te fosse terribile
ciò
che davvero è terribile,
tenderesti
il tenero orecchio alle mie parole.
Ma,
ti prego, dormi, piccolo, e s’acquieti
il
mare, e abbia tregua l’immane sventura.
E
un qualche cambiamento si manifesti
da
parte tua, o padre Zeus.
Se
poi pronuncio una preghiera audace
e
contraria alla giustizia,
concedimi
il tuo perdono.”
Fin qui il testo di
Simonide (o piuttosto quel che ne resta); il mito continua con l’approdo presso
l’isola di Serifo, dove madre e figlio saranno salvati e ospitati da Ditti,
fratello del re Polidette. Divenuto adulto, Perseo si distinguerà per notevoli imprese, fra cui la
decapitazione di Medusa; involontariamente
ucciderà il nonno Acrisio, colpendolo col disco, nel corso di una gara
sportiva: l’oracolo avrà così compimento.
Il Lamento di Danae- che
rappresenta solo un episodio del mito di Perseo- faceva parte di un più ampio componimento,
forse un threnos: eppure questo piccolo
tassello splende di un fulgore tutto suo.
L'aggettivazione
intensamente sentimentale, la gestualità espressiva della protagonista, il
ricorso all’allocuzione e all’ esclamazione, contribuiscono alla costruzione di
quel pathos per cui questo brano è giustamente celebrato. A bilanciare l’effusione
sentimentale provvedono la sobrietà delle notazioni coloristiche, la presenza
di nessi arditi (assolutamente indimenticabile “la notte dai chiodi di bronzo”
e il “legno triste”), mentre il sapiente alternarsi dei piani della
disperazione e della speranza, dell’angoscia e della tenerezza, movimentano
efficacemente l’insieme.
Un mix perfetto di
sentimento e letteratura per un testo di grande eleganza
Commenti
Posta un commento