Etty Hillesum |
Non
conoscevo la storia di Ester -ammetto di avere scarsa familiarità con l’Antico
Testamento- ma alcuni passaggi mi hanno colpito molto perché mi hanno ricordato
un’altra Ester eccezionale, una delle mie scrittrici preferite: Etty (diminuitivo
di Esther) Hillesum, forse la voce più significativa e originale della Shoa; è morta ad Auschwitz a soli 29 anni, ci ha lasciato
il Diario e Le Lettere.
Sono
solo impressioni, suggestioni, le mie: le esprimo come posso.
· Il
rapporto con Dio: Etty ripone la sua fede in un dio che non è esterno, non
dimora in regioni inaccessibili, ma nella sua interiorità: Dio è il nome che dà alla sua essenza interiore (“Questo ‘me stessa’, la parte più profonda e ricca di me in cui riposo, io la
chiamo Dio”). Anche la salvezza è un fatto interiore.
Mi
chiedevo se nel libro di Ester non si faccia menzione di dio e della salvezza
finale, proprio per questo motivo, perché riposti nell’interiorità di Ester.
Ester
lascia cadere il superfluo e si raccoglie
in Dio prima della prova che deve affrontare, Etty va alla ricerca dell’essenziale, del veramente
umano per rispondere all’inumanità che la circonda.
·
attaccamento e autonomia: Ester è devota e
obbediente a Mardocheo che le ha fatto da padre, pur dimostrando, nel momento
del pericolo, di saper prendere in mano la situazione. Anche Etty è stata figlia, specialmente degli uomini che ha
amato, uno in particolare, Julius Spier, sotto la cui influenza ha intrapreso
un percorso spirituale e esistenziale molto intenso, realizzando in modo
personale e originale una vera rivoluzione interiore, preziosa per se stessa e
per chi, ancora oggi, si avvicina ai suoi scritti
· la
salvezza: Ester fa suo l’ammonimento di Mardocheo a non pensare di potersi
salvare da sola; Etty rifiuta l’aiuto degli amici disposti a nasconderla, a
farla fuggire, per condividere la tragedia del suo popolo; sceglie
volontariamente di andare a Westerbork, un campo di smistamento per Auschiwtz ,
per aiutare gli altri internati, per condividerne
il destino comune
· la maternità: Ester si fa madre del suo popolo salvandolo, Etty rifiuta la
maternità nel senso di generare figli, ma si fa madre ospitando dentro di sé
l’Altro, la sua sofferenza, con tenerezza,
un’altra parola chiave nella riflessione di Etty. “Si vorrebbe essere un
balsamo per molte ferite”, si legge in conclusione del Diario.
Arriva a
pensare che non sia Dio a doversi prendere cura di noi, ma noi di lui: aiutando
Dio, aiutiamo noi stessi, salvarlo dentro di noi equivale a salvare l’umanità.
Cos'altro? L'intervento della professoressa Acciani - come quelli delle altre relatrici- è stato ricco di spunti di riflessioni e contaminazioni e, per me, anche emozionante.
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