L'arrivo nelle sale cinematografiche del film Maria Maddalena è l'occasione per conoscere meglio questo interessante personaggio dei Vangeli
Più che equivoca, Maria di Magdala è stata una
donna equivocata.
L’equivoco
è nato dalla sovrapposizione di due passi del Vangelo di Luca.
Nel
capitolo 8 si riferimento a “Maria,
chiamata la Maddalena”, che Gesù aveva liberato da sette demoni; con altre
donne, guarite da spiriti cattivi e infermità, seguiva Gesù e i Dodici.
Nel
capitolo precedente, il 7, si narra della conversione di un’anonima peccatrice,
che aveva cosparso di olio profumato i piedi di Gesù, li aveva bagnati con le
sue lacrime, e asciugati coi suoi capelli. I due passi sono stati erroneamente
collegati, finendo per identificare Maria di Magdala con la prostituta senza
nome.
In
tempi recenti si è fatta chiarezza; S. Maria di Magdala, per il suo amore
perseverante e per essere stata la prima a dare notizia della Resurrezione, è
stata proclamata “Apostolo degli Apostoli”. Papa Bergoglio le ha concesso la celebrazione
del giorno di festa, il 22 luglio, onore in precedenza concesso solo agli Apostoli maschi.
E' a lei che è
dedicato l’ultimo film del regista Garth Davis, Maria
Maddalena, con Rooney Mara nella parte della protagonista, nelle sale in
questi giorni.
Il
film ha il merito non tanto di ricostruire la verità storica su Maria di
Magdala quanto di farla uscire dal logoro cliché della peccatrice redenta, proponendone una rivisitazione attualizzante, basata sui
Vangeli apocrifi, tra i quali il vangelo di Maria, in cui è lei la discepola “amata di più” dal Maestro (tanto da attirare il disappunto dei discepoli
maschi).
Nel film, dopo
aver perso la madre in tenera età, Maria vive col padre e i fratelli a Magdala,
una città sulle rive del lago Tiberiade. Ormai in età da marito viene fidanzata
ad un giovane uomo, ma Maria si oppone con forza a questo progetto: sia pure avviluppati
e confusi, i suoi desideri sono altri.
Per
gli uomini della sua famiglia la ferma determinazione della giovane a sottrarsi
al suo destino “naturale” di moglie e di madre è inammissibile; fra
costernazione e vergogna, si mettono d’impegno per riportarla alla ragione:
preghiere, minacce, perfino un rituale d’esorcismo; poi, attratti dalla sua
fama di guaritore, si rivolgono a Gesù.
E’
in seguito a questo incontro che il destino di Maria si dipana e si illumina: è
Dio quello che vuole, è l’amore di Dio quel che desidera.
Così,
incurante delle convenzioni, lascia la sua famiglia per farsi discepola del
Maestro, amandolo d’un amore umano che trascende l’Umano. Maria seguirà Gesù a
Cana, in Samaria, in Galilea, a Gerusalemme; sarà con lui lungo la via che
porta al Calvario, ai piedi della Croce, al momento della morte; sarà lei la
prima testimone della Resurrezione.
Gesù
“guarisce” Maria facendole prendere consapevolezza delle sue istanze più
profonde, aiutandola a guardare nei recessi del cuore, dove sembra risiedere la
verità e la salvezza; un Gesù maieutico, si direbbe, molto simile a Maria, che
è straordinariamente abile, come si vede nelle scene iniziali, nell’ aiutare le
donne al momento del parto.
Anche
le altre guarigioni, perfino la resurrezione di Lazzaro, non appaiono come
l’esito di un’azione miracolosa che agisce dall’esterno, quanto piuttosto la
conseguenza di un’empatia eccezionale, che si fa carico, fino allo sfinimento
fisico, delle sofferenze dell’altro, liberando energie bloccate del corpo e
dell’anima.
Il
Gesù di Maria Maddalena, che ha il
volto virile e tormentato di Joaquin Phoenix,
è guaritore più che predicatore; di poche parole, si esprime con gesti,
sguardi, carezze, lacrime, forse a sottolineare che l’umanità malata (di oggi e
di sempre) ha meno bisogno di parole che di cura, di condivisione empatica, di
gesti d’amore.
Anche
per Maria amare è prendersi cura, è lasciarsi attraversare dal dolore
dell’altro; anche per lei il regno di Dio è nel risveglio delle coscienze,
nella chiamata a una vita rinnovata a partire da sé.
Il
Rabbi e la discepola prediletta sembrano agire specularmente: Maria insegna il
Padre Nostro, battezza uomini e donne; mette
a rischio la sua sicurezza per soccorrere donne e bambini in villaggi fantasma,
sopravvissuti ai conflitti e alla dura repressione romana.
Quando
annuncia la resurrezione di Gesù, allo scoraggiamento, all’inerzia dei
discepoli, Maria oppone lo slancio della fede, li richiama a ciò in cui avevano
creduto, a impegnarsi ancora nella costruzione di un mondo nuovo, nato non da
una rivoluzione violenta ma dalla rivoluzione dei cuori: l’ex ragazza ribelle è
diventata una donna di parola, è lei
l’erede del Risorto. Una Madre della Chiesa dunque, lei, che aveva rifiutato
anche solo l’idea di generare.
Maria
è l’interlocutrice prediletta del Nazareno, non l’unica: contro le consuetudini
del tempo, Gesù rivolge alle donne il suo messaggio di rinnovamento, parla con
loro ma soprattutto le ascolta, le chiama dall’ombra della marginalità alla
luce dello spirito, che nessun padre/marito – padrone può offuscare; dà
speranza contro l’odio raggelato a cui la sottomissione le ha condannate.
Da
quanto si è detto appare chiaro che nel film
“il femminile” è molto
valorizzato, non solo con l’aver posto in primo piano Maria (unita a Gesù) e le
altre, relegando al ruolo di comparse gli apostoli, ma anche nel modo in cui
sono rappresentati i personaggi maschili, in primo luogo Gesù, di cui già si è
detto, e Giuda. Con la sua faccia da bambino e la nostalgia divorante per la
famiglia perduta, questo Giuda fa tenerezza; i suoi moventi nascono nel cuore,
non dall’avidità: egli tradisce perché tradito nelle sue ingenue aspettative, e
muore perché troppo semplice e disarmato. Una figura patetica e toccante, se
non poetica, che rappresenta, a mio giudizio, il ribaltamento più felice nel
film.
Nella
narrazione, inoltre, è molto ricorrente l’acqua (che sia lago, fiume o mare),
l’elemento femminile per eccellenza, simbolo di rinnovamento, metafora -più
volte ripetuta- di morte/rinascita. Anche l’aspro paesaggio in cui si svolgono
le vicende è immerso in un’atmosfera liquida, lattiginosa, una sorta di
avvolgente liquido amniotico.
Questo
film non ha riscosso molti consensi; le novità rispetto al racconto dei Vangeli
canonici ai più sono apparse spiazzanti, anche irritanti, o poco convincenti.
In effetti nel film ci sono dei passaggi che danno da pensare ma i film sono
creazione artistica, li fanno i registi, non gli storici o i teologi, e non sono
rivolti solo ai credenti.
Per
me Maria Maddalena è un film che sul
piano artistico ha una sua credibilità. E senza dubbio è un’opera figlia dei
tempi, tempi di cambiamento, di certezze scosse, di padri sfocati o assenti.
Del
resto, un Dio “padre e più ancora madre”
è già nelle parole indimenticabili di Papa Giovanni Paolo I; e Papa Francesco,
nel richiamare costantemente i credenti alla misericordia, alla cura,
all’accoglienza, non riconosce forse la supremazia di valori “femminili”? O
quando evidenzia l’urgenza di superare la cultura patriarcale che ancora
prevale nella Chiesa relegando le donne a funzioni ancillari, non sta
adoperandosi per una piena valorizzazione
delle donne anche nella Chiesa?
Ho
citato due pontefici, non Dan Brown … Niente preconcetti, allora; piuttosto riflettiamo
su questo film che presenta una bella figura di donna: coraggiosa, sensibile,
in grado di assumersi grandi responsabilità. Un modello per le donne di oggi,
credenti o no.
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